mercoledì 30 dicembre 2015

Un 2015 di decluttering e risparmio. cosa fare con i regali di Natale indesiderati.

La mia sfida per il 2015 è stata soprattutto il decluttering: anche se il progetto più serio è stato quello di eliminare un oggetto al giorno per un anno. Qui i post al riguardo.



Alla fine dell'anno...come non considerare il grande problema dei regali di Natale? Quelli doppi, quelli inutili, quelli indesiderati.
Ecco qualche idea per liberarsene: QUI e QUI.



Piccole considerazioni sul metodo Flylady e su quello di Marie Kondo.
 

Ma come si gestisce il decluttering se non si vive soli?


Decluttering e partner accumulatori
 

 

mercoledì 23 dicembre 2015

Risparmiare tempo...per usarlo meglio. VIa dalla pazza folla (virtuale)

Non credo, in realtà, che il tempo possa essere risparmiato.
Non si può mettere da parte per usarlo dopo, lui scorre comunque, che tu lo usi in un modo o nell'altro.
Si può però, almeno in parte, decidere come usarlo, il proprio tempo.
Non ho mai negato di essere una smanettona, mi piace molto anche navigare online, leggere articoli, blog, recensioni, mi piace la possibilità di rinverdire il mio inglese con corsi online di ogni tipo (scrittura, marketing, letteratura...tutti in english) deliziosamente gratuiti.

Però qualcosa è cambiato.
Mi sono stancata.
Internet dà la possibilità a tutti coloro che vi accedono di esprimere la propria opinione OVUNQUE e IN OGNI MODO.
Questo, unito al fatto che su internet, specialmente su un forum o un gruppo di discussione, si può essere anonimi quanto si vuole...fa sì che la gente si esprima davvero SU TUTTO e IN OGNI (deprecabile) modo.
Ognuno ha un parere su qualsiasi cosa.
Un parere che va urlato, che va imposto agli altri.
Si scambia la democrazia per la totale assenza di regole e di civiltà.
E questo per me è diventato troppo.
Mi sono stancata.

Ho deciso che il mio tempo online voglio investirlo diversamente.

Mi sono cancellata dai gruppi facebook che seguivo: un paio perchè erano diventati solo un'arena in cui sgolarsi e insultarsi, dividendosi in fazioni opposte su qualsiasi cosa, un altro perchè non ne potevo più di gente che non stava alle regole.
Era un gruppo interessante, "Io decluttero", il cui tema era sarebbe il decluttering, appunto...ma quando diventano troppi i post del tipo "parliamo anche di arredamento, tanto è inerente", "parliamo di pulizie, tanto si fanno anche quelle", "parliamo anche di cazzi nostri a caso, tanto...", io  mi rompo.
Perchè mi va benissimo che si parli di tutto, nei posti giusti.
Se un gruppo si chiama, mettiamo "libri per ragazzi", io non mi metto a chiedere la ricetta della cicerchiata, o a parlare di "50 sfumature di cazzate" perchè tanto è sempre un libro.
Questo, online, sta diventando sempre più raro.

E io allora...me ne vado.
Cancello i gruppi facebook, abbandono i forum e alcuni blog.
Continuo a seguire blog che mi interessano, un paio di testate giornalistiche e alcuni siti (es. The muse) che mi permettono di aggiornarmi su argomenti che mi piacciono e anche di migliorare la mia conoscenza dell'inglese "vero".

Uso diversamente il mio tempo online. Risparmio il tempo che prima sprecavo e ne ho di più per fare altro.
In qualche modo è sempre un risparmio...o almeno è uno non-sprecare una risorsa decisamente non rinnovabile.

martedì 8 dicembre 2015

....io continuo a provarci, ad azzerare lo scambio di regali a natale.

Sono anni, che opero affinchè il periodo natalizio non diventi un periodo di ansia e spese inutili per regali altrettanto inutili da fare e ricevere.
Anni.
Ho cominciato in sordina, riducendo gli scambi e le occasioni che avrebbero comportato l'accumularsi di robette varie in casa.
Poi ho cominciato a dirlo, a spiegare che il natale, per quanto mi riguarda, dovrebbe essere legato all'esperienza religiosa, e non essendo io cattolica il natale non è per me, e a spiegare anche che non credo nei regali obbligatori, che preferisco non riceverne, sul serio.
Non è facile, ottengo in risposta resistenze varie:
- il natale non è solo per chi è religioso...ok, se vogliamo parlare di valori universali come rispetto amicizia pace ci sto...ma non mi pare che questi implichino mangiare pandoro e riempirsi di pacchetti
- a natale si fanno i regali, dai! ....dai cosa? che cavolo di risposta è?
Mah.
Il lavoro di anni comunque porta frutti, ormai ricevo ben pochi "pensierini", laddove sarebbe più indicato chiamarli "non-pensierini", o "regalini-ad-cazzum", perchè sono tutto meno che pensati.
Sono regali obbligati, fatti perchè è natale e allora ecco che mi regali la saponetta decorata, la presina natalizia, quando va bene, l'oggetto indefinito o l'addobbo ikea quando va male.
Sto provando, con le persone che proprio non ci sentono dall'orecchio "niente regali", a spiegare che, allora, potrebbero rifarsi a quello che piace fare a me:
- regali mangerecci
- regali da "vivere": cinema, buoni per massaggi, per parrucchiera, per quel cavolo che vuoi.
L'anno scorso ho regalato, all'amica che DEVE scambiare i regali a natale, una carta con 10 consumazioni nel suo bar preferito. L'ho fatta io a mano in dieci minuti, poi con il barista l'abbiamo perfezionata con timbro e firma e io l'ho pagata.
Lei mi ha regalato due bagnoschiuma.
A volte ho il dubbio di puzzare veramente molto, e dire che non faccio altro che usare bagnoschiuma e saponette decorate, per lavarmi!

Insomma, io sarei per evitare lo scambio di regali, francamente.
E sono molto d'accordo col bellissimo certificato che potete scaricare QUI (è di Contiamoci.com).
Però, se proprio proprio non si può...perchè non regalare:
- cibo fatto in casa
- cibo "speciale": e non intendo panettoni e altre robe "da feste", ma marmellate artigianali (che per esempio qui vicino ci sono delle suorette di clausura che marmellizzano qualsiasi frutto in maniera, scusate la battuta, divina), frutta e verdura a km zero (e non ho detto biologica, ho detto a km zero), pasta artigianale e così via
- buoni, buoni da spendere per fare cose, ci sono quelli già fatti di cinema, palestre, parchi divertimenti, corsi, ma si fa presto a costruirne uno da soli per consumazioni al bar o cene in pizzeria o acquisti in una gastronomia o quel che vi pare.
Non è necessario acquistare ROBA. Davvero.
 Non accumuliamo in casa mille oggetti di cui non abbiamo bisogno e non rifiliamoli ad altri.
Perchè non provare? Basta pensare un attimo e si trovano tante, ma tante possibilità-

E questo vale anche se si vuole fare un regalo a dei bambini. (ma su questo dovrò lavorare ancora più duro, che ora che ho un bimbo piccolo sembra che tutti siano preoccupati del fatto che lui cresca senza giocattoli. Sì, va beh....)

giovedì 15 ottobre 2015

...sono soddisfazioni.

Oggi ho (s)venduto quasi 50 libri. Quarantanove, in realtà, per la precisione.
In cambio ho ricevuto 50 euro.
Ho svenduto, certo, erano quasi tutti volumi praticamentei intonsi, cartonati, con la loro bella sovracopertina.
Chi li ha comprati li passa a un amico che ha una bancarella non so dove, che li vende a peso o a poco, non ho capito e non è, in realtà, cosa che mi riguardi.

Io ho:
- liberato spazio
- guadagnato 50 euro

Due cose molto positive, entrambe.

Perchè quei libri erano lì a impolverarsi, in attesa che qualcuno li comprasse, per quanto a prezzo già basso non riuscivo a darli via, o ci sarebbero voluti altri mesi e mesi.
E 50 euro non mi fanno schifo, no, che io con 50 euro ci pago la spesa, o almeno quei 4-5 pacchi di pannolini, per esempio.

Qualcuno mi ha detto "ah ma li hai svenduti, ah ma poi lui se li rivende...", e so anche che c'è chi mi direbbe "perchè invece non li hai regalati, allora".

Che dire, sul fatto che li ho svenduti, lo so. Ma tenerli lì ammucchiati sullo scaffale non è che fosse proprio questa idea geniale, no?
Sul fatto che chi li ha presi li rivenda....e allora? Sono SUOI, ora. Può farci quello che vuole, una scultura astratta, una donazione alla biblioteca, un mercatino.
Quando un oggetto se ne va da casa nostra, perchè venduto, regalato, abbandonato vicino a un cassonetto, non è più nostro. Non ci riguarda più quello che ne faranno gli altri, è loro diritto usarlo come vogliono, e darlo ad altri, se vogliono.
Non è un bambino, non è un animale domestico: il libro è un oggetto, chi lo possiede ne farà l'uso che vuole.
Avrei potuto regalare questi libri? Penso di sì, ma non l'ho fatto.
Sono una specie di Scrooge de noartri? Mah, no, non mi sento così.
Ho regalato tante cose, ne ho "lasciate" in giro altre che sono sparite in pochi minuti.
Ma quando posso, vendo. Perchè 50 euro mi fanno comodo, e dico sul serio.
Ho in mente, da qualche mese, l'ambizioso progetto di sostituire le mie scarpe con un altro paio, per esempio.
Sì, porto per tutto l'anno lo stesso paio di scarpe, usando calzini sottilissimi d'estate, di caldo cotone ora e di lana e pile l'inverno.
Ormai però queste scarpe si stanno usurando, e vorrei sostituirle.
E visto che le scarpe che prenderò saranno LE scarpe...non credo che potrò trovarle proprio a buon mercato, e almeno un centinaio di euro passeranno da me al negoziante. Anche perchè ho in mente un paio di modelli che mi interessano, materiali buoni, scarpe resistenti e comode...devo solo provarle per bene e vedere quali calzano meglio. E in entrambi i casi, il prezzo è poco più di 100 euro. Che non è affatto poco.
I 50 euro guadagnati coi libri rientrano nel progetto "la scarpa".
Sono soldi "extra", che non vanno a pesare sul bilancio familiare, e saranno investiti così. E non mi sento in colpa ad aver svenduto libri che non amavo, che avevo in gran parte "ereditato" (da mia mamma, da gente che non li voleva più e li dava a lei), che erano regali sgraditi, libri per me INUTILI.
Se riuscirò a trasformarli in scarpe (con l'aggiunta di qualche altro piccolo extra, se mi pagano gli articoli...), per quanto mi riguarda quei libri avranno svolto egregiamente la loro funzione nella mia vita.

venerdì 4 settembre 2015

Di nuovo l'armadio. Declutttering per amore (di me stessa).

L'ultima volta che avevo dato una bella sistemata alla zona vestiario è stata un anno e mezzo fa.
Avevo sfoltito il mio non ricco guardaroba (per vedere i dettagli, ecco il post), fino ad arrivare a quello che mi sembrava un buon risultato.
Poi, nell'arco di altri mesi, se ne sono andate altre cose, magliette, biancheria, collant e amenità varie.
Ho ridotto ancora. Mi sembrava di essere giunta al punto di avere solo cose usabili. Solo cose da usare.
Poca roba, ma almeno roba che porto.
Poi l'altro giorno, non so perchè, ho pensato che fosse il caso di aprire di nuovo la mia anta dell'armadio e dare una cotnrollata.
Cosa mi ha spinta a farlo?
Non ne sono sicura, ma credo che le motivazioni siano:
- sto maturando nuove consapevolezze, anche su di me
- mi sento, ancora, con troppa roba per casa
- mi accorgo che alcune cose non le porto mai.

I punti 2 e 3 non richiedono grandi spiegazioni, il punto 1 forse sì.

Io non ho mai amato fare shopping, e oltretutto credo di non avere neanche chissà quale gusto estetico.
Questo, unito a una scarsa autostima, mi ha portato negli anni quasi a "punirmi".
La punizione però non sta nel comprare poche cose, questo mi viene davvero naturale, ma nel fatto che non mi sono mai davvero interessata di cosa indossavo.
Pensavo, sempre, che in fondo il mio corpo e io non meritassimo poi chissà cosa.
Il risultato è ritrovarsi con un armadio in cui i capi più "preziosi" erano comprati da Promod.
Senza nulla voler togliere a Promod, non si tratta certo di alta sartoria, o di capi che cadano bene su qualsiasi struttura fisica...
Mi sono accorta, prendendo in mano ogni capo che avevo salvato dal decluttering precedente, che ho quasi solo cose lise, consumate, vecchie, a volte anche un po' sformate, ormai, dall'uso e dal tempo.
Mi sono accorta che ho un solo capo ancora bello, una gonna comprata in un outlet, di una marca inglese (credo) che veste le "signore", e non intese come donne adulte e basta, ma come donne che si vestono con vestiti "buoni", ben fatti, di buon taglio.
Ho guardato le mie cose una per una, non ho fatto come suggerisce Marie Kondo (chi è Marie Kondo e cosa vuole dai nostri armadi?), non ho tirato fuori tutto. Ho solo spostato tutto a sinistra, dentro l'anta, e man mano portavo un capo alla volta sulla destra, lo guardavo e valutavo.
In alcuni casi ho provato a indossare. Ma di solito mi è bastato guardare.
Ci avrò messo 10-15 minuti, non so. Un po' perchè ho poche cose, un po' perchè non avevo molti dubbi: o sì, o no. Le cose dubbie, poche, le ho provate. Alcune sono rimaste, alcune sono andate.
Sono anni che non faccio shopping davvero: ho ancora cose di quando avevo 18-20 anni, e per quanto non abbiano i buchi e siano pulite...sono vecchie. E soprattutto io ho 36 anni, non 20. Non hanno più senso, su di me.
Non le indosserei comunque.
Alla fine mi sono accorta di aver riempito, in quei pochi minuti, una borsa di quelle del supermercato, quelle bianche grandi per la spesa.
Una borsa piena, qualche kg di roba.
Dove si era nascosta, quella roba inutile? Chissà perchè l'avevo salvata l'altra volta...
Me lo sono chiesta.
Mi sono risposta che forse, l'altra volta, non ero ancora pronta.
Non tanto a lasciar andare cose che comunque non amo particolarmente, quanto ad amare ME.
Pensavo che comunque avrei dovuto "sfruttare" fino alla fine (dei miei giorni o dei loro?) quelle cose, che comunque io "non meritavo" di avere niente di sensato, da mettermi.
Che quelle cose lì, che PIU' O MENO mi andavano bene, erano abbastanza.
Ora sono un po' stanca di questo accontentarmi, di questo "più o meno".
E così ho buttato nel cassonetto dei vestiti tutta quella roba.
Mi resta poco, ora. Restano cose che ancora posso / voglio indossare.
Ho preso anche una decisione.
Non voglio più avere nell'armadio 40 stracci, ma neanche 20 stracci.
Voglio arrivare ad avere, pian piano, anche solo 10-15 pezzi, ma che siano tutti SENSATI per me. Adatti a me.
Di buona qualità, di buon taglio.
Non ho bisogno di chissà cosa, capi base e colori neutri per me vanno benissimo.
Ma ho deciso che, pian piano, consumerò questi ultimi straccetti rimasti e li sostituirò, per bene, con pochi pezzi ma scelti che mi stiano bene, che mi valorizzino e non semplicemente che "mi coprano".
Per me è molto strano pensare questo, pensare di spendere soldi per me, pensare di cercare qualcosa che davvero mi stia bene, qualcosa con cui mi piaccia vedermi allo specchio.
E' un passo avanti nella mia vita.
Non credo che avrò mai un armadio strabordante, mi piace molto avere poca roba e sapere sempre cos'ho, niente cambi di stagione e niente cassetti e ante ricolme.
Ma vorrei arrivare a un piccolo guardaroba piacevole, per me. Credo che sarà un modo per essere amorevole nei miei stessi confronti.
Per il momento non ho acquisti da fare, vedrò se, per l'inverno, acquistare un maglione. Intanto, comunque, mi godo il fatto di aver tolto di mezzo altre cose che mi zavorrano solo.

mercoledì 19 agosto 2015

Io e Marie Kondo. Il magico potere del riordino...e Fight club


Questo è uno dei miei brani preferiti di “Fight Club”. Uno di quelli che condivido pienamente.

Compri mobili. Dici a te stesso, questo è il divano della mia vita. Compri il divano, poi per un paio d’anni sei soddisfatto al pensiero che, dovesse andare tutto storto, almeno hai risolto il problema divano. Poi il giusto servizio di piatti. Poi il letto perfetto. Le tende. Il tappeto.
Poi sei intrappolato nel tuo bel nido e le cose che una volta possedevi, ora possiedono te.

E così, alla fine sono approdata anch'io alla lettura di questo best seller nipponico (Il magico potere del riordino, ça va sans dire)
Ero incuriosita, viste le recensioni contrastanti: chi l'ha trovato utilissimo, chi insensato, chi troppo legato a una cultura diversa dalla nostra, chi troppo estremo e chi stimolante.
Io sono arrivata a leggerlo ora che è arrivato in biblioteca, e nel frattempo avevo già visto in giro opinioni e recensioni: partivo quindi con alcune idee e aspettative, che potrebbero avermi condizionata nella lettura.
Ma veniamo al libro.
Nella prima parte M. Kondo racconta (suppongo in maniera romanzata ed enfatica) la sua progressiva “scoperta” dell'arte del riordino.
Da psicologa, se avessi incontrato la Marie ragazzina, avrei voluto fare due chiacchiere con i suoi familiari, ma va beh.
Insomma, la prima parte è dedicata a spiegare la filosofia della faccenda, in maniera piuttosto spiccia e molto direttiva.

Ecco, la direttività, il tono quasi sempre imperativo sono una caratteristica del libro che può piacere molto (a chi vuole essere spronato) o irritare (chi non ama quelli con la verità in tasca). A me ha lasciato un po' così, trovo alcuni discorsi un po' tagliati con l'accetta, e altri (se ti vesti bene in casa ti sentirai meglio, se ti vesti in tuta “diventerai una donna a cui si addice la tuta”) sono cose già sentite più e più volte e possono essere più o meno condivisibili.

Diciamo che alla prima parte ho dedicato un'attenzione altalenante.
Il mio scopo nel leggere questo libro era: trovare nuovi spunti per alleggerire ulteriormente casa mia.
Non sento il bisogno di consigli particolari sul riordino (in effetti non mi interessa neanche la piegatura dei vestiti e cose così), cercavo più che altro qualcosa che mi desse un punto di vista nuovo, come un nuovo paio di occhiali attraverso cui guardare le cose.
Perchè, pur essendo una buona declutteratrice, ho come la sensazione di “non vedere” alcune cose, avendole sott'occhio sempre.

E così sono passata ai capitoli “operativi”.

Alcuni suggerimenti kondiani sono:

- lavorare per categorie di oggetti e non per stanze: utile per alcune categorie di cose che in effetti ho un po' sparse in stanze diverse (esempio cancelleria e carta), per il resto categoria e stanza tendono a coincidere

- fare tutto per bene in una volta e non a pezzi: secondo lei se vai per gradi finisci per ...non finire mai.
Su questo ho riflettuto e sto riflettendo, e credo che farò a modo mio: ho già fatto un lavoro bello grosso e ora stavo lavorando a piccole cose, ma ho deciso di fare un'altra bella passata “grossa”. Poi però credo che continuerò il mio costante piccolo lavoro quotidiano, perché è bellissimo pensare che fatto una volta sto lavoro poi non lo fai più...ma la roba inutile si insinua in casa anche se io non compro nulla, e poi c'è sempre qualcosa che si consuma, o che perde di funzione...e quindi...con buona pace di Kondo io farò così.

- piegare i vestiti in un certo modo, e non annodare calze e calzini... Su questo non mi pronuncio, la piegatura in verticale non mi interessa (ho abbastanza poche cose da non dover cercare di fare spazio) e trovo comodo annodare i calzini o farne “patate” ...e su questo proprio non mi sento in vena di cambiare.

- buttare: ecco, io magari preferisco provare a vendere regale donare. Kondo suggerisce di buttare e via. E magari in certi casi ha ragione, se no si rischia di rimanere invischiati nel “lo tengo per darlo a...”. Io mi do un tempo limite, se entro quello non ho venduto o regalato, finisce ai mercatini delle associazioni o vicino al cassonetto. O dentro al cassonetto, anche.

Poi ci sono consigli su come liberarsi /gestire fotografie e oggetti ricordo vari, e consigli su come organizzare la casa: non comprare inutili divisori e contenitori, non stipare roba ovunque....
Insomma tutte cose sensate, per carità, ma non nuove.
Sarà che mi sono già liberata di foto e oggetti vari, tenendone una minima quantità, sarà che condivido in pieno il NON comprare inutilissimi divisori e organizer e contenitori per stivare roba...riduci la roba e vedrai che la sistemi benissimo in quello che hai!!!, sarà questo o sarà che mi aspettavo troppo, ma alla fine mi sembra un libercolo carino ma niente di che.

Non l'ho trovato particolarmente estremo, se non per il fatto che esorta a “buttare”...ma se prendiamo il “buttare” in senso più lato (includendo il solito vendi regala dona) allora mi sembra tutto molto logico e normale (N.B. NON la parte sui documenti. In Italia funziona diversamente, ma basta guardare su internet e si vede per quanti anni conservare cosa).

E così...leggere Marie Kondo non mi ha dato particolare ispirazione, ma è stato comunque piacevole. Ho trovato scritti da lei pensieri che condivido, ma che a volte non ho espresso a me stessa in modo ordinato, e trovarli nero su bianco aiuta sempre.
In ogni caso, ad essere sincera, più che la Kondo per me è stato utile, anni fa, e lo è ancora, di nuovo Palahniuk. E pensare che Fight club non è neanche il suo romanzo migliore.
Eppure questa frase la ricordo sempre.

Tutto quello di cui potrai mai andare fiero finirà buttato via

Ecco. Questo, per me, è di sprone. E mi aiuta. Ma ne avevo già parlato qui.


Questo il libro di M. Kondo:

giovedì 16 luglio 2015

Considerazioni da fare prima di (s)vendere online



Dopo aver fatto operazione di decluttering in casa, spesso saltano fuori oggetti o libri in buono stato di cui ci si vorrebbe sbarazzare, ma come?
Si possono regalare, o si può provare a vendere.
In quest'ultimo caso ci sono alcune considerazioni da fare, secondo me.

Prima di tutto...pensate un attimo a qual è il vostro scopo principale:
- volete liberarvi dell'oggetto tirando su qualche soldo?
- o volete vendere a un certo prezzo (altrimenti niente)?

Sono due opzioni diverse.
La seconda possibilità secondo me ha senso soprattutto se:
- non avete fretta di vendere
- vendere l'oggetto non è per voi una priorità: se lo vendete a un prezzo che vi sembra “equo” bene, se no ve lo tenete
- avete un oggetto di valore (gioiello, libro antico e simili) e vi rivolgete a una certa nicchia di acquirenti.

In questo caso, francamente, non so se consigliarvi la vendita online. O comunque non su generici siti di annunci.
Rischiereste di perdere solo tempo, e pazienza.


1. Chi compra oggetti usati vuole risparmiare
Se una cosa costa 40 euro, difficilmente chi la compra da voi usata vorrà spendere più di 15 (20 a dir tanto).
Consideratelo, prima di mettere in vendita un oggetto.
Molto probabilmente l'oggetto che a voi era costato 40 lo venderete facilmente se lo mettete a massimo 10. E ci sarà anche quello che vi chiede lo sconto.


2. Per vendere online ci vuole tempo
Bisogna scrivere l'annuncio, cercando di essere dettagliati e precisi su:
- tipologia di ottetto
- condizioni
- metodi di pagamento
- prezzo
- metodo di consegna
Poi si aggiunge la foto dell'oggetto.
Poi si pubblica l'annuncio e si aspetta. Anche dei mesi
A quel punto, sappiate che:

3. Per vendere online ci vuole pazienza
Possono passare poche ore o molte settimane, prima che qualcuno vi contatti.
E anche quando lo faranno, nonostante abbiate scritto un annuncio, con foto, come questo:
“ Vendo 5 romanzi di Marquez,.titoli etc etc. edizione cartonata, mai aperti.
Prezzo 3 euro l'uno, spedizione con piego di libri ordinario inclusa.
Se acquistati tutti e 5 insieme, il prezzo è di 13 euro, spedizione con piego di libri ordinario inclusa.
Spedisco solo. Accetto solo pagamenti via paypal.”
...ci sarà sempre chi vi scriverà cose tipo:
- vendi anche romandi di Stefano Benni?
- Non è che fai consegna a mano? Io abito a Torino, ho visto che tu sei a Roma, ma se passi di qui...
- Se li compro tutti e 5 insieme, mi fai 10 euro?
- Quali libri sono?
- Posso pagarti alla consegna?
- Non ho paypal, posso pagare in un altro modo?
E così via....
A quel punto vi chiederete se avete scritto in ostrogoto. Non è così.
Pazientate. A queste persone vedete voi se rispondere o meno.

4. Ci sarà chi vi chiede lo sconto
Come da punti 1 e 3, ci sarà chi, dopo che voi avete deciso un prezzo..vi chiederà di abbassarlo ancora.
Qui sta a voi. Volete sbarazzarvi della cosa in questione al più presto? Accettate.
vi sembra di svendere eccessivamenet? Declinate.
Purtroppo quando si pubblicano annunci nei siti di compravendita tra privati, pare che sia “normale”, per molti acquirenti, chiedere lo sconto.
Io personalmente rifiuto.
Per scelta, io parto già da prezzi bassi (dico davvero, bassi), e non scendo sotto quelli.

Qualcuno, qualche tempo fa, mi diceva: “quando ti vedo vendere online i tuoi libri (o altre cose) a quei prezzi, penso che li stai svendendo. Io non lo farei.”
Questa è una questione molto personale, ma va considerata.
Cosa vuol dire per voi, svendere?
Un libro acquistato a 15 euro qualche anno fa, e rivenduto oggi a 5, è svenduto? E venduto a 3?

Io mi regolo in questo modo.
Se si tratta di oggetti che:
- non uso / non voglio più / non leggerò o rileggerò
- non sono “particolari “ (prime edizioni, gioielli “veri” etc.)
….io svendo.

Ho provato, per un po', a vendere i miei libri usati a un prezzo che mi sembrava ragionevole.
Niente. Ne avrà venduto 1 su 20.
Dopo un po', vedendoli ancora lì' nella libreria, nella zona “in transito”, mi sono detta che potevo anche abbassare i prezzi. Tanto a tenermeli in casa non ci guadagnavo di certo.
In questo modo ne sto vendendo parecchi.
Significa tirar su pochi soldi a pezzo (magari 1 euro o 2 a libro, tolte le spese per spedirli). In questo modo però mi sto liberando di oggetti che tanto non volevo più.
E comunque, alla fine, quei 40-50 euro che ritornano in tasca dopo un po' di vendite...non fanno mica schifo.
Certamente ho svenduto. Ma a me va bene così.
Ho ragionato da “pochi, maledetti e subito” e non mi sono pentita.
Direi che l'importante è questo: non fare le cose controvoglia.
Ognuno valuti come si sente meglio, e decida se mettere o meno quell'annuncio di vendita.

giovedì 18 giugno 2015

Il cibo feticcio


Da un'intervista a Wolf Bukowski (integralmente qui)

..forse questa insistenza sul cibo è legata al fatto che ci stanno preparando ad avere talmente pochi soldi che quei pochi che ci restano dovremo investirli in cibo, almeno ci danno questo di più narrativo o feticista.”

Il cibo come feticcio.
A pensarci, mi fa paura. A pensarci, però, è già così.
Come dice l'intervistatore:
Il cibo sano, sostenibile e biologico sembra essere diventato il nuovo “caviale e champagne”, il cibo dei ricchi, il nuovo status symbol.”
Non è forse così?
Il biologico (di qualunque cosa si tratti) è la nuova moda radical chic degli ultimi anni.
I ristoranti che propongono piatti vegetariani (perché insieme al bio c'è quasi sempre il veg) costano come se ti dessero da mangiare diamanti e avorio.
Una volta costava tanto comprare carne e pesce. Ora, andare a mangiare in localini che propongono “farro con cumino e pomodorini” e “lenticchie e seitan” diventa un salasso.
Qual ò il messaggio?
Se spendi un botto per mangiare, stai mangiando bene? Solo così ti stai prendendo cura di te?
Io stravedo, da sempre, per la cucina senza carne e pesce (soprattutto, semplicemente, per gusto personale...amo di più cereali e verdure), ma non capisco perché ad oggi debba essere diventato davvero uno status symbol.
Ma poi è davvero il cibo “sano” in generale, ad esserlo diventato.
Pullulano i mercati gestiti da Slow Food...ne ho visitato uno, qui nella mia cittadina...ogni cosa ti viene offerta come se ti stessero vendento L'UNICO VERO carciofo, L'UNICO VERO pane di segale, L'UNICA VERA albicocca.
Calma, piano. Le stesse cose, comprate da contadini o piccoli produttori che non sono sotto l'amorosa ala di Slow Food costano meno. Ma meno. E no, non sono schifose.
Sono bio pure quelle, per quanto possa essere bio qualcosa che, comunque, viene coltivato su terreni confinanti con chi di bio non ha proprio nulla (cioè su terreni comunque pieni di sostanze chimiche...e che ricevono per altro la stessa pioggia inquinata degli altri).
Poi c'è Eataly.
Eataly, che ha rigirato il suo essere un “supermercato di lusso” fino a promuoversi come “paladino della qualità italiana”.
Il messaggione di Eataly è: “fai una vita di cazzo? sei deluso dal tuo lavoro, dal tuo stipendio, frustrato nelle tue aspirazioni? Tirati su pagando 10 euro per una bottiglia di aranciata* e 32 per un pezzo di formaggio*. Vedrai. E' roba buona. Roba sana. Roba speciale. Te la meriti, no?”
Mi fa davvero...ma davvero riflettere...e preoccupare, questa faccenda.

Come dice W. Bukowski, vogliono farci credere che spendiamo troppo poco in cibo, e che gli sprechi siano pure colpa nostra.


* prezzi inventati da me al momento. Ma visti i prezzi reali di Eataly....